La Didattica di Evolution


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a cura di Paola D'Agostino


Storie di Fossili Ceresini


Un giacimento paleontologico unico al mondo ... e da valorizzare


La ricerca paleontologica sui monti San Giorgio, Pravello e Orsa prosegue ormai da 150 anni ed ha portato alla luce una ricca documentazione fossile: resti di vegetali, molluschi, crostacei, insetti, oltre a numerosissimi pesci e rettili straordinari. Una preziosa testimonianza della vita e dell'ambiente marino che 230 milioni di anni fa caratterizzavano il nostro territorio.
In passato si è scavato principalmente nella "Formazione di Besano", negli ultimi anni invece le ricerche si sono concentrate sulle formazioni geologiche dei "Calcari di Meride" e nuove interessanti scoperte si sono aggiunte a quelle del passato, tra cui i primi insetti fossili. Ogni nuova scoperta permette di ricostruire, con un dettaglio sempre maggiore, le condizioni ambientali che caratterizzavano la nostra zona quando ancora vi era il mare, oltre a ricostruire le tappe evolutive di molti organismi. Dalla metà del 1800 a oggi i siti indagati sono stati una trentina, tra Italia e Svizzera. Negli ultimi 20 anni sono stati attivi nella ricerca scientifica diversi enti: le Università di Zurigo e Milano e i Musei di storia naturale di Milano e Lugano.
Oggi l'unico scavo paleontologico in corso è sito sul Monte San Giorgio, presso la località Cassina (Meride) ed è curato dal Museo Cantonale di Storia Naturale di Lugano.


I NOSTRI STRAORDINARI FOSSILI ...

I VEGETALI

I fossili di piante sono numerosi ma non esistono studi scientifici recenti che li caratterizzino. I reperti che si rinvengono nei giacimenti forniscono comunque un'idea del tipo di copertura vegetale presente attorno al bacino di sedimentazione. Vengono alla luce per lo più resti di conifere, un gruppo di piante in piena fioritura nel Triassico medio, in particolare conifere del genere Voltzia di aspetto simile alle odierne araucarie. Non mancano reperti di alghe calcaree, di equiseti e di piante simili al bambù, non ancora studiate.

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Nel Triassico medio vi erano piante molto simili alle attuali araucarie.

 

INVERTEBRATI


Le daonelle


Si tratta di molluschi bivalvi (cioè con la conchiglia costituita di due parti) tipici del triassico medio. Il fossile è sovente conservato come impronta sulla roccia ma testimonia come la conchiglia possedesse ornamentazioni a raggi ben evidenti mentre la forma potesse variare. Le daonelle infatti modificarono il proprio aspetto nel tempo, variando da forme tondeggianti a forme più allungate e da forme di maggiori dimensioni a forme più piccole. Questi molluschi, essendosi evoluti rapidamente nell'arco di poche centinaia di migliaia di anni ed essendo presenti un po' ovunque, vengono utilizzati dai paleontologi come "fossili guida", ovvero come elementi di riferimento per riconoscere un determinato arco temporale e attribuire l'esatta collocazione stratigrafica ai livelli fossiliferi.

Daonella
Mollusco bivalve del genere Daonella (per gentile concessione del Museo paleontologico di Meride).



Le ammoniti


Le rocce fossilifere della zona sono molto ricche di ammoniti, molluschi marini ormai estinti appartenenti al gruppo dei cefalopodi (oggi rappresentati da polpi, calamari, seppie e nautili).
Le ammoniti sono forse tra le creature più belle e affascinanti mai esistite: erano caratterizzate da una conchiglia avvolta a spirale, dalla quale fuoriuscivano lunghi tentacoli, utili sia per il nuoto sia per la predazione e disposti attorno al capo. La conchiglia era suddivisa in camere che potevano essere riempite di gas o di liquido e, fungendo da organo idrostatico, consentivano all'animale di spostarsi in senso verticale nell'acqua. Le dimensioni delle ammoniti variano notevolmente a seconda dei generi e delle specie: alcune non raggiungevano il centimetro di diametro, altre misuravano quasi due metri.
Spesso i fossili delle ammoniti si presentano conservati come cavità nella roccia dunque, per studiare la morfologia dell'antica conchiglia, può essere utile iniettare del silicone nella cavità in modo da, una volta rappreso il silicone, ottenere un modello interno della conchiglia.
Anche le ammoniti, abbondanti e diversificate in numerose specie, sono importanti fossili guida per i paleontologi.

Protrachyceras

Ammonite del genere Protrachyceras (per gentile concessione del Museo paleontologico di Meride)

 

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Modello interpretativo di ammonite


Gli insetti


La presenza di insetti fossili nei giacimenti del Monte San Giorgio è una scoperta recente: il primo efemerottero venne scoperto infatti nel 1998 a Meride, dai paleontologi dell'Università di Milano. Sono seguiti, da allora, altri ritrovamenti di insetti a testimoniare come il sito paleontologico dei Monti San Giorgio, Pravello e Orsa abbia ancora molto da offrire agli studiosi.


Tintorina meridensis
L'insetto efemerottero, battezzato Tintorina meridensis, appare in ottimo stato di conservazione, misura 15 mm ed è stato rinvenuto a Meride, presso il sito di Val Mara dai paleontologi dell'Università di Milano. (Foto di S. Pezzoli, per gentile concessione del Museo Cantonale di Storia Naturale di Lugano)

 

Serpianotaris hescheleri
Un riccio di mare della specie Serpianotaris hescheleri, molto ben conservato, è stato portato alla luce a Meride nel 1928 dal grande paleontologo svizzero Bernard Peyer. L'esemplare è unico ed è esposto presso il Museo di Storia Naturale di Lugano. (Foto di S. Pezzoli, per gentile concessione del Museo Cantonale di Storia Naturale di Lugano)

 

PESCI


Il nostro territorio, all'epoca in cui esisteva il mare, era molto ricco di vita. Per questo motivo gli attuali livelli fossiliferi conservano migliaia di pesci, differenziati in un'incredibile varietà di specie. Questi fossili hanno destato l'attenzione dei paleontologi di tutto il mondo: bisogna ricordare che il Triassico medio fu un momento cruciale dell'evoluzione dei pesci, perciò i nostri reperti sono protagonisti di centinaia di studi e importanti pubblicazioni scientifiche. In decenni di ricerche paleontologiche sono venuti alla luce migliaia di esemplari, raggruppati in circa 80 specie che permettono agli scienziati di seguire l'evoluzione di questo gruppo di vertebrati nel triassico medio, chiarendo come avvenne il passaggio da alcune forme primitive a specie più evolute e moderne. Sono stati recuperati sia resti di pesci cartilaginei (con lo scheletro di cartilagine come gli squali e le razze) sia di pesci ossei (con scheletro fatto di osso). Degli squali, poiché né la cartilagine né i tessuti molli si conservano facilmente durante la fossilizzazione, si trovano solo i denti e le spine di sostegno delle pinne, sparsi nel sedimento. I denti erano diversi da quelli di un pescecane attuale, costituivano infatti delle placche dentarie piatte, poiché le principali prede erano animali protetti da gusci come i molluschi o i crostacei. Tra i pesci ossei vi sono grossi carnivori come Saurychthys, un pesce veloce e agile, dalla forma allungata, molto comune nei nostri giacimenti, e Birgeria, un predatore forte e massiccio. Altri generi di pesci ossei sono invece piccoli, dotati di denti piatti per triturare alghe calcaree, crostacei o molluschi e rappresentano le forme di passaggio verso i pesci attuali. Di straordinaria bellezza è Felberia excelsa, caratterizzata da un corpo alto e appiattito lateralmente, coperto di belle scaglie ornamentate e dotato di pinne lunghe e delicate.
Lo studio dei pesci fossili è molto importante per ricostruire l'aspetto del nostro territorio nel Triassico e permette di comprendere la grande diversità degli ambienti: dalla laguna con acqua calma, all'ambiente di scogliera, al mare aperto più o meno profondo e con forte moto ondoso.



Saurychthys
Saurychthys era un pesce predatore, molto comune nell'antico mare Triassico, che poteva raggiungere il metro di lunghezza. Aveva il muso allungato, tanti piccoli denti aguzzi e il corpo privo di scaglie. Alcuni degli esemplari rinvenuti contengono embrioni nella cavità addominale a testimoniare che le femmine di questi pesci non deponevano le uova ma le incubavano fino alla schiusa per poi partorire una prole già viva. (Foto di S. Pezzoli, esemplare conservato presso il Museo paleontologico di Zurigo)

 


Felberia excelsa
Felberia excelsa era un pesce dal corpo alto e appiattito lateralmente. Probabilmente in vita appariva molto colorato, come i pesci tropicali attuali, e si muoveva in prossimità delle scogliere nutrendosi di piccoli crostacei. (Foto di S. Pezzoli, per gentile concessione del Museo Cantonale di Storia Naturale di Lugano)

 

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