Aperto al pubblico "Il Villaggio del Pescatore"

 di Nando Musmarra

 

logo Antonio

 

Dopo un lungo periodo di letargo, ha recentemente riaperto al pubblico il sito di ritrovamento del dinosauro più grande e più completo d'Italia: l'adrosauroide Antonio (Tethyshadros insularis).

Il giacimento in questione è la vecchia cava denominata del Villaggio del Pescatore che si trova in uno scenario incantevole, continuazione naturale delle piccole insenature che interrompono le alte falesie a picco sul mare, tra i castelli di Duino e la città di Monfalcone in Friuli.

Il sito paleontologico è stato reso fruibile al pubblico grazie ad un'iniziativa della cooperativa Gemina con il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali del Friuli Venezia Giulia, del Comune di Duino Aurisina, della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e della Fondazione CRTRIESTE.

Il giacimento è coperto interamente con tensostrutture, ed è visitabile anche in condizioni atmosferiche avverse. Le escursioni guidate durano circa un'ora, e costano 5 euro a persona (biglietti ridotti 3 euro). Le visite vengono effettuate tutto l'anno durante i fine settimana ed i giorni festivi, nei giorni infrasettimanali è suggerita la prenotazione (Tel: 347-7393118 - Email: This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.).

 

Nel team delle guide ufficiali c'è anche il paleontologo Flavio Bacchia, che dei dinosauri del Villaggio del Pescatore conosce vita, morte e miracoli, avendo partecipato in prima persona a tutte le fasi dei lavori, inclusa la preparazione di Antonio, che, lo ricordiamo, si può ammirare in tutto il suo originale splendore nel Museo di Storia Naturale di Trieste. La visita alla cava è un'escursione che vale il tempo impiegato, da inserire in ogni itinerario turistico/didattico che riguardi la regione Friuli Venezia Giulia.

La visita al sito può essere conclusa con una originale e facoltativa "caccia al fossile", che consiste nel cercare (e trovare!) pesci fossili inglobati nelle lastre di roccia dell'Eocene della famosa Green River formation del Wyoming: con martello e picchetto forniti sul posto, potrete sperimentare l'emozione di una vera caccia ai fossili del vecchio West americano, e tornare a casa con un bel pesce risalente a 50 milioni di anni fa da appendere come trofeo al vostro muro preferito.

 


 

Il bell'Antonio, al secolo Tethyshadros insularis, Dalla Vecchia (2009) - (Il genus Tethyshadros si riferisce all'antico oceano di Tetide e agli adrosauroidi, insularis al fatto che Antonio sarebbe vissuto su una delle isole che componevano l'arcipelago della Tetide.)

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 Come quasi tutti i ritrovamenti paleontologici di maggiore rilevanza scientifica che avvengono ogni giorno nel mondo, anche quello di Antonio si deve all'interesse di alcuni appassionati, che alla fine degli ani '80 segnalarono la presenza di rimanenze di organismi fossilizzati nella vecchia cava detta "Il Villaggio del Pescatore".

Dapprima una campagna di scavo organizzata dal Museo Civico di Storia Naturale di Trieste, riportò alla luce una coppia di zampe attribuibili ad un dinosauro, poi, qualche anno dopo, Tiziana Brazzatti, una studentessa in geologia, si accorse che tra le rocce calcaree affiorava quella che sembrava la zampa fossilizzata di un grosso animale. La posizione verticale della successione stratigrafica in cui si trovava la zampa, fece supporre (e sperare) che il resto del grosso animale giacesse ancora intatto, poichè non era stato esposto agli agenti erosivi. Antonio era quindi pronto a salire alle luci della ribalta paleontologica.

Venne incaricata delle scavo la società "Stoneage" di Trieste, esperta in scavi paleontologici che, in accordo con l'Università di Trieste, riucì a recuperare un esemplare di dinosauro pressochè completo, insieme ad altri dinosauri della stessa specie (di cui uno soprannominato Bruno), ossa disarticolate di altri dinosauri (tra cui probabilmente anche un osso di teropode), di rettili volanti e anche una importantissima fauna complementare, composta da coccodrilli, pesci, gamberi e resti vegetali che dimostra come Antonio sia vissuto in un clima subtropicale.

I sei mesi di lavoro sul campo furono resi difficili dalla posizione verticale degli strati e dalla morfologia del terreno, che impedivano gli approcci di scavo tradizionali.

Si è proceduto al recupero dei blocchi rocciosi che contenevano il dinosauro mediante il taglio con cavi diamantati, che hanno il vuoto necessario affinchè fosse isolata la compagine rocciosa così da permettere ai vari blocchi di venire estratti intatti, sfruttando anche la naturale fratturazione della roccia. Arrivati in laboratorio, il dinosauro "a cubetti" è stato ricomposto.

Approfittando del fatto che il fossile fosse ben differenziato dalla matrice, con l'uso alternato degli acidi e dei preservanti, per sciogliere la matrice prima, e per consolidare le ossa appena esposte poi, si è riusciti, dopo 3.500 ore di lavoro, a completare il restauro del dinosauro. La tecnica appena esposta, affiancata da un apposito sistema di micropompe che aspiravano gli acidi per evitare che si danneggiassero i fossili, seppure non innovativa in senso assoluto, è stata per la prima volta applicata durante la pulizia di un fossile grande quanto un dinosauro. 

Tethyshadros insularis è a tutt'oggi l'unico dinosauro italiano ritrovato in corrispondenza stratigrafica. I sedimenti in cui Antonio è morto giovanissimo, all'età di circa sei anni, sono attribuibili alla formazione di Liburnia (circa 70 milioni di annni fa, Campaniano/Maastrichtiano).  

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Lo scheletro di Antonio, oggi esposto al Museo Civico di Storia Naturale di Trieste, è pressochè intero, anche se ha subito compressioni.

Alto 1 metro e 30 cm , lungo quattro metri e pesante circa 350 chili, l'adrosauroide triestino è uno dei più grandi e completi dinosauri europei. Allo stato delle conoscenze attuali, non è stato possibile stabilirne il sesso, ed anche la sua appartenenza al gruppo degli adrosauroidi è ancora dubbia.

Antonio mostra caratteristiche peculiari diverse dagli adrosauri: il teschio è allungato, a forma di quello di un cavallo (più simile ad un iguanodonte che a un adrosauro), il collo tozzo, la coda corta e le tibie allungate. Queste proporzioni, insieme con il ridotto numero di dita degli arti anteriori (che sono tre invece delle canoniche quattro), sono viste dagli studiosi come un adattamento ad una camminata bipede.

Tethyshadros mostra insieme caratteristiche basali e più evolute. L'analisi cladistica indica che Antonio sarebbe legato agli adrosauroidi come definiti da Paul Sereno (1986), e al Telmatosaurus.

Antonio era piccolo rispetto agli altri adrosauroidi, fatto spiegato da Marco Fabio Dalla Vecchia, il paleontologo italiano che si è occupato dello studio, come un esempio di nanismo insulare. Secondo Dalla Vecchia, la presenza di Antonio in Europa è dovuta alla radiazione degli adrosauroidi basali asiatici piuttosto che allo sviluppo isolato di adrosauroidi provenienti dal continente americano.

La presenza dei dinosauri del Villaggio del Pescatore nel Nord-Est italiano ha costretto gli studiosi a rivedere le ipotesi paleogeografiche del Carso Triestino durante il Cretaceo Superiore che fino a poco fa si credeva prevalentemente formato da un ambiente marino e lagunare. Gli ultimi studi ipotizzano quindi la presenza di terre emerse, più probabilmente di un arcipelago formato da isole le cui dimensioni, durante i periodi di regressione marina, aumentavano, fino a collegarsi le une alle altre attraverso lingue di terra percorribili dai grandi rettili.

 

Si ringrazia Flavio Bacchia per le fotografie, i disegni e le utilissime informazioni

 

Nando Musmarra ©