Il Tunnel Ordoviciano del Fabar

 

Storia del Recupero di un Tesoro Paleontologico

 

di Nando Musmarra

 

Paleoarte di Loana Riboli

Il trasporto di un trilobite gigante (riproduzione)

Ricostruzione del Neseuretus tristani di Maquetas Lezzagon - Montaggio grafico Nando Musmarra

Asturie, 2002 - Il meccanico poggia con forza i palmi della mani sul parafango posteriore dell'auto di Juan Carlos Gutiérrez-Marco, poi saltella sul paraurti anteriore facendo rimbalzare la vettura. Sotto lo sguardo preoccupato ed interrogativo del paleontologo, il meccanico scuote la testa e dice: "Professore, io ve lo avevo detto... non dovevate sovraccaricare troppo la macchina, le molle non offrono piu' alcuna resistenza, adesso non resta altra soluzione che sostituire completamente gli ammortizzatori...".

Il paleontologo Gutierrez-Marco dà un'occhiata al robusto preventivo e rassegnato dà l'assenso per il lavoro... ma sì, comunque sia ne è valsa la pena ... e se si dovesse ritrovare nella stessa situazione, agirebbe allo stesso modo, caricando all'inverosimile l'automobile con i preziosi reperti fossili. Sì, i meravigliosi fossili dell'Ordoviciano medio recuperati durante gli scavi del Tunnel del Fabar valevano la pena di affrontare per molte e molte volte i circa 500 km. che separano la costa delle Asturie dal Museo Geominero di Madrid, per raggiungere il quale è necessario valicare i ripidi pendii della Cordigliera Cantabrica.

Ectillaenus giganteus rappresentato da Loana Riboli

Ectillaenus giganteus (Burmeister, 1843)  ricostruito da Loana Riboli © 2009

I Monti Cantabrici, insieme con le Asturie e con gran parte della Penisola Iberica, circa 400 milioni di anni fa costituivano gli ambienti rivieraschi e la piattaforma marina a nord del continente Gondwana che, alle latitudini dell'odierno Polo Sud, riuniva in una sola grande massa continentale gli attuali Sud America, Africa, India, Antartide ed Australia. Circa 140 milioni di anni più tardi, Gondwana entrò in rotta di collisione con la Laurasia, formata dal protocontinente nordamericano e dalla regione anglo-baltica. Le formidabili forze laterali dovute alla collisione tra le due masse continentali produssero la nascita di grandi catene montuose (orogenesi varisica o ercinica), tra le quali gli Appalachi in Nord America e gli Urali e la Cordigliera Cantabrica in Europa.

la posizione della Spagna nel peri-Gondwana

Tavola esplicativa, cortesia Museo del Carmen

Nel caso spagnolo, i sedimenti paleozoici, che fino a quel momento si erano accumulati ordinatamente gli uni sugli altri per piu' di 225 milioni di anni, ruotarono di 90 gradi, disponendosi quasi verticalmente, andando a formare la catena montuosa dei Monti Cantabrici che, seguendo una linea orizzontale parallela alla costa del mar Cantabrico, si estende per quasi 500 km.

tabella stratigrafica del tunnel del fabar

In letteratura, non esiste una grande tradizione di studi paleontologici sui sedimenti ordoviciani delle Asturie, sia per la presenza di esposizioni incomplete ed intermittenti, sia per la loro deformità dovuta alle poderose forze generate dallo scontro delle masse continentali di cui abbiamo parlato. Per trovare le prime notizie sull'Ordoviciano delle Asturie dobbiamo fare un salto indietro nel tempo, fino al 1916, quando fu pubblicata l'opera postuma dell'ingegnere minerario Luis de Adaro y Magro (completata dal suo allievo Gumersindo Jonquera), con un interessante resoconto sui resti "siluriani" di trilobiti e brachiopodi ritrovati nelle miniere di ferro di Caravia, oggi completamente esaurite e sigillate. Nel 1942, l'ingegnere minerario Primitivo Hernández Sampelayo rianalizzò questi reperti e li retrodatò, attribuendoli all'Ordoviciano. Nel 1967 il geologo Jesus Pello, con un lavoro sui graptoliti dell'Ordoviciano medio sui Monti Cantabrici, generò un rinnovato interesse tra i colleghi dell'Università di Oviedo correlando geologicamente la Sierra del Sueve e la valle del Rio Nalon alla Sierra del Fito, poi, le ricerche di testimonianze Ordoviciane nelle Asturie si interruppero per altri venti anni. A metà degli anni 80, si dava ancora per scontato un gap stratigrafico dell'Ordoviciano che in alcuni punti raggiungeva 80 milioni di anni e si riteneva che i sedimenti appartenenti a periodi geologicamente più giovani, come il Siluriano e il Devoniano, poggiassero direttamente sugli strati di quarzite del tardo Cambriano e del primo Ordoviciano (Barrios Formation) se si escludevano gli strati ordoviciani della "Laviana nappe" esposti sulle scogliere lungo il litorale marino nei dintorni di Aviles.

trasgressione marina dell'Ordoviciano medio

La prima parte dell'Ordoviciano e' costituita dalla poco fossilifera quarzite della formazione di Barrios. Con la trasgressione marina dell'Ordoviciano medio, si depositarono le argille fossilifere scure della formazione di Sueve - Tavola esplicativa, cortesia Museo del Carmen

Che fine avevano fatto gli 80 milioni di anni di sedimenti ordoviciani? Forse durante quel periodo le Asturie erano emerse e non si erano conservati sedimenti marini o erano stati completamente erosi? Oppure, come piu' probabile, c'era stata la concomitanza di tutti e due i fattori? Per colmare questa lacuna stratigrafica fu incaricata di eseguire nuovi studi un'equipe multidisciplinare internazionale composta da specialisti di varie università spagnole, francesi e italiane (Università di Pisa). Facevano parte del gruppo di studiosi il paleontologo Juan Carlos Gutiérrez-Marco del Museo Geominero di Madrid (che non sapeva ancora che avrebbe dovuto rifare gli ammortizzatori alla propria auto!) e José Carlos Garcia-Ramos, professore di stratigrafia all'Universita' di Oviedo, oggi direttore del MUJA (il Museo Giurassico delle Asturie di cui Fossili Veraci si e' gia' occupato). Gli studi durarono più di dieci anni e mirarono a rivedere i dati stratigrafici ordoviciani esaminando una decina di località tipo sotto l'egida della International Commision on Stratigraphy e a formalizzare la Sueve fm. dell'Ordoviciano medio. I risultati raggiunti (tra i quali fu molto importante l'identificazione di una cinquantina di macrofossili, alcuni dei quali ritrovati per la prima volta in Spagna), furono ampiamente discussi ai congressi sull'Ordoviciano di Las Vegas nel 1995 e di Praga nel 1999. Le difficolta' incontrate dai paleontologi per il carattere intermittente e fortemente deformato delle esposizioni ordoviciane relative alla formazione del Sueve, che, ricordiamo, rappresenta sia sedimenti rivieraschi che della piattaforma marina del nord del continente Godwana, lasciarono però aperti molti interrogativi.

Proprio mentre la comunità scientifica spagnola si interrogava su come saperne di più sull'Ordoviciano asturiano, durante i lavori per la costruzione dell'autostrada A8, che corre parallela alla Cordigliera Cantabrica e alla costa settentrionale della Penisola Iberica, un improvviso smottamento avvenuto durante la perforazione del tunnel del Fabar, una galleria a mezza collina, lunga piu' di 1380 metri, nei pressi della città costiera di Ribadesella, fra le citta' di Santander ed Oviedo costrinse la ditta appaltatrice ad interrompere gli scavi.

panoramica tunnel del fabar

L'area interessata dallo smottamento fu ripulita dai detriti, e venne alla luce (si fa per dire, visto che parliamo di una galleria) una sequenza di strati sedimentari in posizione quasi verticale. I paleontologi non tardarono ad identificare quei sedimenti come appartenenti alla formazione ordoviciana del Sueve... si prospettava per gli studiosi un'irripetibile opportunità, poichè il tracciato dello scavo del tunnel del Fabar avrebbe attraversato in senso orizzontale i quasi sconosciuti strati della formazione del Sueve, offrendo l'occasione di poter finalmente sfogliare, pagina dopo pagina, il libro del tempo Ordoviciano, integralmente custodito nella galleria del Fabar.

La costruzione del tunnel del Fabar (si tratta, in realta', due gallerie distinte e parallele, ognuna larga 10 metri ed alta 6, collegate tra loro da corridoi di emergenza) ebbe una grande risonanza mediatica, i quotidiani si affrettarono a rinominarlo "Tunel Ordovicico del Fabar" dando più risalto ai tesori paleontologici che conservava che non alla costruzione stessa. Fu il tunnel delle prime volte: per la prima volta le ditte appaltatrici accettarono che estranei partecipassero a lavori tanto pericolosi e per la prima volta in Spagna venne usata una nuova tecnica di scavo di gallerie, la Nuova Tecnica Austriaca.
La NATM (New Austrian Tunnelling Method) differiva in maniera sostanziale dalla tradizionale tecnica usata fino ad allora in Spagna. Con lo scavo convenzionale (avanzamento ad esplosivi) il consolidamento della cavità avveniva, dopo le esplosioni, mediante la costruzione in loco delle volte di sostegno in calcestruzzo armato; l'uso della tecnica NATM (che si basa sulla capacita' dell'ammasso roccioso di autosostenersi), meno pericoloso, ma soprattutto meno invasivo e distruttivo, consisteva in ripetuti piccoli cicli di avanzamento, in genere pochi metri al giorno, adattando lo scavo primario effettuato con grandi macchine perforatrici o fresatrici, in modo flessibile, alle condizioni trovate in loco.

Ogni giorno gli scavi procedevano attraverso due cicli di avanzamento, ognuno dei quali si divideva nelle seguenti fasi:
1) per la creazione delle cavità venivano usate grandi macchine perforatrici e fresatrici, lasciando alla roccia pochi minuti per "respirare" ed assestarsi.
2) si effettuava lo sgombro della parte superiore dei detriti per creare uno spazio sufficiente affinchè speciali betoniere dal profilo basso potessero entrare nella galleria appena scavata.
3) Si procedeva al consolidamento delle pareti e delle volte mediante calcestruzzo proiettato
4) si portavano via tutti i detriti
5) si rafforzavano le pareti con reti elettrosaldate, centine metalliche, bulloni e chiodi radiali
6) si procedeva alla proiezione finale di un secondo strato di calcestruzzo, piu' consistente del primo

la sequenza degli scavi con la nuova tecnica austriaca

Rielaborazione grafica di Nando Musmarra da una tavola pubblicata in: "Un tesoro geologico en la Autovia del Cantabrico"

L'uso della tecnica NATN, da una parte mantenne i costi bassi e velocizzò l'esecuzione dell'opera, dall'altra costrinse i paleontologi ad un vera e propria corsa contro il tempo, poiche' i prelievi di reperti paleontologici e i rilievi stratigrafici potevano essere effettuati solo nei pochi minuti dell'intervallo di tempo che occorreva tra la fase 2 e la fase 3, ovvero durante lo sgombro dei detriti. Gli scavi delle due gallerie del Fabar procedettero contemporaneamente, eseguiti da quattro squadre che, partendo dai lati opposti della collina, si sarebbero incontrate, anni dopo, a metà tracciato. Per i paleontologi fu impossibile seguire tutte e quattro le squadre di operai, quindi si decise, per non perdere importanti dati stratigrafici, di dedicarsi esclusivamente, con meticolosità e rigore scientifico, a seguire l'equipe che lavorava alla galleria sud partendo dal fronte occidentale degli scavi.
Quando l'avanzamento del lavoro lo consentiva, gli studiosi si affrettavano ad effettuare i rilievi stratigrafici delle pareti. Durante la fase della proiezione del calcestruzzo su un lato della galleria, i paleontologi, protetti solo dal casco di sicurezza, in condizioni di scarsa luce e rumore assordante, si precipitavano al lato opposto non ancora coperto dal cemento per collezionare quanti più reperti possibili.
I lavori avanzavano di circa 6-10 metri al giorno, la maggiore difficoltà incontrata dai paleontologi era quella di sincronizzarsi con i cicli lavorativi, cercando di sfruttare al meglio, due volte al giorno, i circa 30 minuti per i rilievi stratigrafici alle pareti. Se malaguratamente capitava qualche imprevisto, c'era comunque la possibilità di recuperare poichè i tunnel paralleli erano un pò obliqui rispetto alla struttura geologica, e la galleria a Nord arrivava a scavare negli stessi strati con un ritardo di un paio di giorni rispetto alla galleria Sud, quindi se c'era da fare qualche rilievo extra su strati particolarmente interessanti era possibile una seconda opportunità semplicemente cambiando galleria.
Terminati i rilievi, i paleontologi seguivano i camion che smaltivano i detriti estratti depositandoli ordinatamente al di fuori della galleria, procedendo ad una collezione sommaria, annotando meticolosamente la posizione dei cumuli di deriti, per poi tornare e collezionare in seguito con tutta calma.
Un giorno però alcuni cumuli di sedimenti a struttura lasciati ad asciugare perché, essiccandosi, si aprissero da soli senza rovinare i fossili, sparirono. Forse qualche operaio li aveva portati in una discarica, forse erano finiti appiattiti in un altro cantiere su ordine di qualche geometra troppo zelante, oppure erano stati usati come materiale di riempimento per l'autostrada e ricoperti d'asfalto... di sicuro era andato perduto un vero proprio tesoro, anche se i paleontologi riuscirono in parte a recuperare le informazioni perdute prelevando alcuni campioni da una finestra appositamente aperta nel calcestruzzo prioettato in un corridoio di servizio della galleria. Questa brutta esperienza costrinse i paleontologi a modificare il loro metodo di ricerca, e a provvedere personalmente al trasporto del materiale più interessante presso una edificio messo a disposizione dalla ditta appaltatrice, che in pochissimo tempo venne letteralmente riempito dai reperti, poi si passò a riempire il garage, poi il giardino...

il delta costiero e Le fasi deposizionali tra Cambriano e Ordoviciano Fabar-09.jpg

Le varie fasi deposizionali a cavallo tra il Cambriano e l'Ordoviciano - Tavola esplicativa, cortesia Museo del Carmen

Lo spazio, sia all'interno che all'esterno dell'edificio, si esaurì in breve tempo. I fondi a disposizione non erano molti, quindi i paleontologi iniziarono con mezzi propri una lunga serie di viaggi per trasferire il materiale presso la sede definitiva del Museo Geominero di Madrid, a circa 500 chilometri di distanza, caricando ogni volta le loro automobili con una media di 300 kg di pietre. Gli studiosi chiesero aiuto anche ad amici e parenti, approfittando dei loro viaggi tra le spiagge del nord e la capitale. Evidentemente in molti accorsero alla richiesta di aiuto, perché in breve tempo furono riempiti di detriti fossiliferi un intero piano e la soffitta del Museo Geominero. A poco a poco i collaboratori del museo liberarono i reperti dal materiale in eccesso riducendoli a dimensioni più consone per gli esami geopaleontologici di laboratorio.
Il lavoro svolto dagli studiosi fu tenuto in alta considerazione dalla comunità scientifica internazionale, in quanto i dati elaborati si riferivano ad una delle più complete successioni Cambriano/Ordoviciano d'Europa, essenziale per stabilire con precisione la posizione dell'Europa occidentale nel peri-Gondwana.

Terminati gli studi, grazie ai fondi stanziati dal Ministero dei Trasporti, i fossili ritrovati nel Tunnel furono esposti nell'aula didattica del Museo del Territorio de Ribadesella nel villaggio di El Carmen, una frazione di Ribadesella, dove avrebbero dovuto trascorrere il resto della loro gia' lunga vita. Come conseguenza della enorme risonanza mediatica nazionale, però, questa esposizione diventò itinerante a furor di popolo, così che tutti gli spagnoli potessero ammirare i fossili dell'ormai famoso scavo ordoviciano.

sala del museo del el carmen

Nel 2005, la febbre del Tunnel del Fabar contagiò anche me, e arrivato al museo de El Carmen scoprii con disappunto che i fossili erano a spasso da qualche altra parte. Ripiegai, inizialmente a malincuore, su una visita al piano superiore del museo dove imparai tutto sugli "indiani", ovvero gli asturiani emigrati nel Nuovo Mondo, soprattutto a Cuba, durante il XIX secolo. Gli "indiani" che tornavano nelle Asturie costruivano residenze sontuose, piantavano almeno una palma nel loro giardino, e, soprattutto, si dedicarono anima e corpo ad eliminare l'analfabetizzazione dalle Asturie. Pensate che in una Europa che sapeva a malapena leggere o scrivere, le Asturie avevano, già dal XIX secolo il record del 100% dell'alfabetizzazione.
Nel 2008 sono ritornato a El Carmen e questa volta, finalmente, sono stato accolto da tutti i fossili, nel frattempo tornati alla base, e dalla direttrice Teresa del Campo che mi ha fatto da cicerone introducendomi nel fantastico mondo paleozoico asturiano.

il museo di el carmen e Teresa Campo

Teresa del Campo e il Museo del Carmen

Teresa mi ha illustrato le faune ritrovate strato dopo strato, cominciando con i depositi della Barrios Formation, che con i suoi 800 metri circa di potenza, include la parte piu' recente del Cambriano medio fino all'inizio dell'Ordoviciano medio. Questa formazione, che è caratterizzata da sedimenti riconducibili ad un ambiente prevalentamente rivierasco marino, presenta tracce fossili di organismi che vivevano sul fondo e livelli più profondi con trilobiti (olenidi) e graptoliti. Negli strati del suo membro più vecchio, La Matosa Member (El Fabar beds con abbondanti phyllocaridi e palynomorphi) che poggia direttamente sulle arenarie glauconitiche della Oville fm. del Cambriano medio, sono stati ritrovati i trilobiti più vecchi del tunnel del Fabar, i Parabolina sp.

il trilobite Isabelinia glabrata

Isabelinia glabrata


Nella parte centrale della Barrios Formation si trova il Ligüeria Member, con l'ultima testimonianza dell'ichnofossile Cruziana semiplicata, con cui termina il Tremadociano, il periodo più antico dell'Ordoviciano. La parte più recente della Barrios Formation (Tanes member) mostra molti orizzonti con ichnofossili (Skolithos) che furono molto utili per le correlazioni regionali, e con tracce fossili prodotte sia da predatori e saprofaghi (rusophyciform bathtub burrows) sia le classicche tracce continue prodotte dai comuni abitanti dei fondi marini del tempo. Nel Tanes member sono presenti principalmente letti a lingulidi, resti di trilobiti, bivalvi e conodonti (Protopanderodus, Drepanodus, Drepanoistodus), e ostracodi con alcune taxa problematiche (Hanadirella). Ci sono abbondanti graptoliti Azygograptus undulatus (il ritrovamento per la prima volta di questa specie asiatica nel Tunnel indica la presenza di correnti perigodwaniche che favorirono l'arrivo di questi migranti asiatici) ed Eremochitina brevis (quest'ultimo, identificato in Spagna per la prima volta, suggerisce una correlazione con l'Arenigiano medio del Cambriano).
Importantissimo fu il ritrovamento inaspettato di uno strato k-bentonitico (correlato ai Pedroso beds delle Asturie centrali) che permise agli studiosi di estendere fino alle Asturie orientali la superficie dei depositi vulcanici di una poderosa eruzione avvenuta durante il Cambriano. Dai dati rilevati dagli scavi del Fabar è stato stabilito che questa eruzione vulcanica è stata la più potente mai avvenuta sul territorio iberico, con una magnitudo 10 volte più grande dell'eruzione del vulcano filippino Pinatubo del 1991.

comparazione delle maggiori eruzioni vulcaniche

Tavola esplicativa, cortesia Museo del Carmen

Gli studi dei sedimenti del Fabar hanno anche riportato la scoperta del petrolio più antico della Spagna, ritrovato negli strati di transizione tra le formazioni di Barrios (Cambriano/Ordoviciano) e di Sueve (Ordoviciano).

Al Fabar e' stato trovato il petrolio paleozoico piu' vecchio di tuttto il Sud-Est europeo

All'inizio gli studiosi sospettarono che il petrolio provenisse da intrusioni di rocce giurassiche, ma gli studi sui resti planctonici hanno confermato che questo petrolio paleozoico e' il piu' vecchio di tuttto il Sud-Est europeo - Tavola esplicativa, cortesia Museo del Carmen

Teresa mi ha accompagnato alle bacheche che contengono i fossili per i quali il Tunnel è famoso. Queste faune provengono dall'Ordoviciano la cui successione stratigrafica è stata riportata su carta in scala 1:100 generando una rappresentazione grafica lunga più di 6 metri divisa in 6 maggiori sequenze deposizionali ed in 54 sottosequenze. Molte specie di invertebrati, alcune delle quali sconosciute, altre presenti per la prima volta nei record spagnoli ed europei, sono state identificate nella Sueve fm., la parte piu' recente dell'Ordoviciano esposto al Fabar.
Gironzolando per il Museo del Carmen, salta subito all'occhio che tra i fossili provenienti dagli strati ordoviciani del Fabar i trilobiti sono il gruppo meglio rappresentato, sia per diversità che per quantità, con ben quattro ordini (Phacopida, Corynexochida, Lichida, Asaphida), più un quinto ordine, quello dei Ptychopariida, con eccellenti esemplari di Parabolina sp. ritrovati nei sedimenti cambriani (El Fabar beds):

il trilobite Eccoptochile almadenensis

Eccoptochile almadenensis

L'ordine Pachopida e' ben rappresentato dai trilobiti della famiglia Calymenoidea, caratterizzati da una glabella fusiforme e un pigidio arrotondato, con ben quattro specie: Neseuretus tristani, (Brongniart in Desmarest, 1822), Colpocoryphe rouaulti, (Henry, 1970), Salterocoryphe salteri (Rouault, 1851), Prionocheilus mendax (Vanek, 1965). Anche la famiglia Dalmanitoidea e' comune nel Tunnel del Fabar con esemplari di Phacopidina micheli (Tromelin, 1877), Crozonaspis morenensis (Hammann, 1972), Morgatia cf. primitiva (Hammann, 1972). Da segnalare il ritrovamento eccezionale di un esemplare di Zeliszkella toledana (Hammann, 1972), il dalmantoide piu' raro del Fabar. I ritrovamenti di Cheiruroidea, con le mortalita' di massa dei Placoparia (Coplacoparia) tournemini (Rouault, 1847), dimostrano il comportamento gregario di questi trilobiti. Gli Eccoptochile almadenensis (Romano, 1980) completano l'elenco di trilobiti appartenenti all'ordine Pachopida al Tunnel del Fabar.

Ectillaenus giganteus foto nando musmarra

Ectillaenus giganteus

L'ordine dei Corynexochida e' presente con gli Ectillaenus giganteus (Burmeister, 1843), facilmente identificabili perche' il pigidio tende ad assumere la stessa forma e la stessa grandezza del cephalon. Gli Ectillaenus sono tra i trilobiti esteticamente piu' gradevoli del Tunnel del Fabar.

Anche l'ordine dei Lichida e' ben rappresentato da fantastici trilobiti spinosi, Selenopeltis macrophtalma (Kloucek, 1916) e i Selenopeltis aff. kamila (Snajdr, 1984),. Da segnalare anche il ritrovamento parziale di parti del trilobite gigante della famiglia dei Lichoidea, l'Uralichas cf. hispanicus (Verneuil & Barrande, 1856) che ha fatto incrociare le dita ai paleontologi sperando in un ritrovamento eccezionale (purtroppo non avvenuto) fino alla fine degli scavi.

Close up primo piano di Isabelinia glabrata

Isabelinia glabrata


I trilobiti del Fabar appartenenti all'ordine degli Asaphida, si contraddistinguono per essere di taglia medio grande: Nobiliasaphus nobilis (Barrande, 1846); Isabelinia glabrata (Salter, 1853). La presenza di specie di trilobiti abitanti in mare aperto, come i Parabbarrandia cf. crassa (Barrande, 1872), i Dionide mereki (Henry & Romano, 1978) e i Raphiophoridae ha dimostrato che in alcuni punti del peri-Gondwana il mare raggiungeva profondita' molto elevate.

E' inevitabile notare che nei sedimenti ordoviciani del Fabar, rispetto ai trilobiti, gli altri invertebrati sono meno abbondanti e meno diversificati che nelle altre faune coeve europee. I fossili che hanno maggiormente attirato la mia attenzione sono le associazioni di ostracodi relativamente diversi (con nuove specie ed i più vecchi record di alcuni paleocopes e binodicopes), conodonti (Drepanoistodus suberectus, Panderodus, Semiacontiodus), possibili icthyoliths (che se confermati sarebbero le testimonianze dei vertebrati più vecchi d'Europa) e altri fossili meno comuni, come machaeridians e conularids. Molto importante la presenza dei graptoliti e dei chitinozoans, che provvedono ad assegnare con certezza la Sueve formation all'Ordoviciano medio. Mi hanno incuriosito in particolar modo i taxa problematica, organismi in attesa di una identificazione e catalogazione definitiva, come gli enigmatici macaeridios (vermi corazzati) e hyolitos, di cui sappiamo dove e quando vissero, ma resta ancora da scoprire molto su questi animali e su che ruolo giocassero in un ecosistema dominato dai trilobiti, signori indiscussi dei mari paleozoici.

Fossile di graptolite

Terminata la visita del Museo del Carmen, mi accingo a risalire sulla la mia auto realizzando solo in quel momento che, in quanto a peso trasportato, il mio veicolo non scherza affatto: e' tutto abbassato sulle ruote posteriori, stipato com'e' non di trilobiti, ma da piu' di 250 kg di pesantissima pirite cubica ritrovata in una fortunata spedizione in una cava nella provincia de La Rioja... penso che dovro' essere molto prudente durante il viaggio di ritorno in Italia e, appena a casa, forse dovro' anch'io fare una capatina dal carrozziere per un controllo ai miei ammortizzatori!


Bibliografia consultata:

Guidi Cestelli C., Geotecnica e tecnica delle fondazioni vol. 1, 1987, Hoepli

Gutiérrez-Marco J.C., Bernárdez E., Un tesoro geologico en la Autovia del Cantabrico, 2003, Ministerio de Fomento

Gutiérrez-Marco J.C., Bernárdez E., Rábano I., Sarmiento G.N., Sendino M.C., Albani R., Bagnoli G., Ordovician on the move: geology and paleontology of the "Túnel Ordovícico del Fabar" (Cantabrian free highway A-8, N Spain), 2003, INSUGEO, Serie Correlation Geologica


Placoparia (Coplacoparia) tournemini solitario

Placoparia (Coplacoparia) tournemini

Grazie a Teresa del Campo, del Museo del Carmen a Ribadesella, per l'aiuto fornito

Nando Musmarra © 1999-2012